martedì 17 marzo 2020

Ripensare il concetto di vulnerabilità.

'vulnerabilità'...un concetto stipato nei meandri della filosofia ma che l'esperienza drammatica che stiamo vivendo in questi mesi ci sollecita a un più esatto posizionamento.

«La vulnerabilità - Catriona Mackenzie, docente di filosofia e direttrice del Research Centre for Agency, Values and Ethics, a Macquarie University, in Australia - è una caratteristica inerente alla condizione umana, che dipende dall’essere incarnati, dalla socialità, dalla finitezza, dalla mortalità e dalla suscettibilità alla sofferenza. 

Lunetta con Achille immerso nel fiume Lete.
L’etica della vulnerabilità presta attenzione al significato morale di queste caratteristiche della condizione umana. La nostra umanità e la dipendenza reciproca fonda l’obbligo di rimediare alla vulnerabilità e di rispondere ai bisogni degli altri, quando abbiamo il potere di farlo. Insieme alla nozione di vulnerabilità come inerente e universale, comunque, un’etica della vulnerabilità deve anche rendere conto del fatto che la vulnerabilità è sensibile al contesto e molte altre sorgenti di vulnerabilità dipendono dalla situazione e sono dovuti a fattori contingenti, sociali, ambientali, economici e politici, a volte ingiusti. 

Questi fattori situazionali interagiscono con le sorgenti di vulnerabilità in modi complessi. Per esempio, lo stato di salute di un individuo, sebbene sia in parte dipendente dal corredo genetico, è anche dipendente da fattori situazionali, come lo status socio-economico o il tipo di lavoro che questa persona fa o l’ambiente in cui lavora. Tutti siamo vulnerabili ai disastri naturali, terremoti, cicloni, valanghe, alluvioni. 

Tuttavia queste catastrofi spesso creano danni maggiori a persone che appartengono a comunità povere che hanno abitazioni meno adeguate o infrastrutture sociali carenti. Quindi, anche se chiunque sia esposto ad una catastrofe naturale è perciò stesso vulnerabile, la vulnerabilità può essere gestita relativamente bene nei contesti in cui il governo e le organizzazioni non governative provvedono prontamente all’assistenza. Invece, nei contesti in cui non c’è assistenza sufficiente, le persone hanno difficoltà a trovare rifugio e quindi sono maggiormente vulnerabili; è questo il caso delle persone malate. 

Un’etica della vulnerabilità è sensibile alle complesse interazioni tra le sorgenti contingenti della vulnerabilità e la vulnerabilità inerente alla condizione umana. Perciò può aiutare a spiegare gli effetti complessi dell’ingiustizia sociale, che rende particolarmente vulnerabili certi soggetti e gruppi sociali. Spiega anche perché abbiamo obblighi speciali verso questi soggetti e il dovere di giustizia di rimediare almeno quelle vulnerabilità che emergono da fattori sociali, economici, ambientali o politici e che possono essere modificati». Catriona Mackenzie



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