giovedì 13 novembre 2025

La censura secondo il Corriere della Sera

Questa mattina Serghei Lavrov ha riferito all’agenzia Tass un episodio di censura da parte del Corriere della Sera: “negli ultimi mesi – ha dichiarato il ministero degli Esteri russo – abbiamo assistito a un numero crescente di notizie false sulla Russia. Al fine di fermare in qualche modo questo flusso di bugie, abbiamo offerto a uno dei principali giornali italiani, il Corriere della Sera, l’opportunità di fare un’intervista esclusiva con il ministro Lavrov”, un proposta, si legge ancora dall’agenzia, a cui il quotidiano di via Solferino avrebbe risposto con entusiasmo, consegnando “molte domande” per l’intervista.

 fonte immagine: www.kremlin.ru

Il testo sarebbe stato preparato rapidamente ed era pronto per essere pubblicato, ma alla fine il quotidiano si sarebbe tirato indietro sostenendo che le parole di Lavrov contenevano “troppe affermazioni discutibili che dovevano essere verificate” e che la loro pubblicazione sarebbe andata “oltre i confini ragionevoli”.

Il Corriere della Sera ha risposto alle accuse del ministero degli Esteri russo affermando che il testo dell’intervista era “pieno di accuse e tesi propagandistiche” e che alla “richiesta di poter svolgere una vera intervista con un contraddittorio e con la contestazione dei punti che ritenevamo andassero approfonditi il ministero ha opposto un rifiuto categorico”.

Cautele che il quotidiano milanese non ha usato in altre occasioni, ad esempio quando nel giugno 2022 ha pubblicato in prima pagina la lista di proscrizione dei “putiniani d’Italia” con tanto di foto segnaletiche. Le risposte di Serghei Lavrov al Corsera sono state pubblicate nelle scorse ore sul sito dell’Ambasciata russa in Italia, questo è il testo integrale:

Domanda: Si dice che il nuovo incontro tra Vladimir Putin e Donald Trump a Budapest non abbia avuto luogo perché persino l’amministrazione americana si è resa conto della vostra mancanza di disponibilità a negoziare sulla questione ucraina. Cosa è andato storto dopo il vertice di Anchorage che aveva fatto sperare nell’avvio di un vero processo di pace? Perché la Russia rimane fedele alle richieste formulate da Vladimir Putin nel giugno 2024 e su quali temi potreste essere disposti a un compromesso?

Risposta: Gli accordi di Anchorage rappresentano una tappa importante nel percorso verso una pace duratura in Ucraina, attraverso il superamento delle conseguenze del cruento colpo di Stato anticostituzionale a Kiev del febbraio 2014, organizzato dall’amministrazione Obama. Essi si basano sulla situazione creatasi e sono strettamente in linea con le condizioni per una risoluzione equa e sostenibile della crisi ucraina, enunciate dal Presidente Vladimir Putin nel giugno 2024. Abbiamo ritenuto che tali condizioni siano state ascoltate e comprese, anche pubblicamente, dall’amministrazione di Donald Trump, soprattutto per quanto riguarda l’inammissibilità dell’ingresso dell’Ucraina nella NATO che creerebbe minacce militari strategiche alla Russia, proprio ai suoi confini. Washington ha inoltre riconosciuto apertamente che non sarà possibile ignorare la questione territoriale alla luce dei referendum svoltisi in cinque regioni storiche del nostro Paese, i cui abitanti si sono espressi in maniera inequivocabile a favore dell’autodeterminazione rispetto al regime di Kiev che li aveva definiti “subumani”, “esseri” e “terroristi” e della riunificazione con la Russia.

Proprio intorno al tema della sicurezza e delle realtà territoriali è stata costruita la concezione americana, che una settimana prima del vertice in Alaska è stata portata a Mosca, su incarico del Presidente degli Stati Uniti, dal suo rappresentante speciale Steve Whitkoff e che, come ha comunicato il Presidente Vladimir Putin al Presidente Trump ad Anchorage, abbiamo accettato di assumere come base, proponendo al contempo un passo concreto che aprisse la strada alla sua realizzazione pratica. Il leader americano ha risposto che avrebbe dovuto consultarsi, ma neanche dopo il suo incontro con gli alleati il giorno successivo a Washington, abbiamo ricevuto alcuna reazione alla nostra risposta positiva alle proposte menzionate, presentate a Mosca da Steve Whitkoff prima del vertice in Alaska. Nemmeno durante il mio incontro con il Segretario di Stato Marco Rubio a settembre a New York ho avuto alcuna reazione, quando gli ho ricordato che eravamo ancora in attesa di un riscontro. Per aiutare i colleghi americani a decidere in merito alla loro stessa idea, abbiamo messo per iscritto, in via non ufficiale, gli accordi di Anchorage e li abbiamo trasmessi a Washington. Pochi giorni dopo, su richiesta di Donald Trump, ha avuto luogo una sua conversazione telefonica con Vladimir Putin, durante la quale si è convenuto di organizzare un nuovo incontro a Budapest, da preparare accuratamente in anticipo. Non c’era dubbio che si sarebbe parlato degli accordi di Anchorage. Dopo un paio di giorni ho avuto una conversazione telefonica con Marco Rubio, dopo di che Washington, definendo la conversazione costruttiva (era stata davvero seria e utile), ha comunicato che a seguito di tale colloquio, non era necessario un incontro personale tra il Segretario di Stato e il Ministro della Federazione Russa in preparazione del contatto al vertice. Da dove e da chi siano giunti i rapporti riservati che hanno spinto il leader americano a rinviare o forse cancellare il vertice di Budapest, non mi è dato saperlo. Ma vi ho esposto la sequenza dei fatti in modo preciso, assumendomene la totale responsabilità. Non intendo invece rispondere alle evidenti falsità sulla “mancata disponibilità della Russia a negoziare” e sul “fallimento” dei risultati di Anchorage. Rivolgetevi al Financial Times che, a quanto mi risulta, ha diffuso questa versione mendace, distorcendo la sostanza e la sequenza degli eventi per attribuire tutta la responsabilità a Mosca e allontanare Donald Trump dalla strada da lui stesso proposta, ovvero quella di una pace stabile e duratura, anziché quella di un cessate il fuoco immediato, come invece lo spingono a fare i padroni europei di Zelensky, ossessionati dal desiderio di ottenere una tregua e di rifornire il regime nazista di armi per continuare la guerra contro la Russia. Se la BBC è arrivata a falsificare un video del discorso di Trump, mettendogli in bocca l’appello ad assaltare il Campidoglio, a maggior ragione al Financial Times costerà poco mentire, come si dice da noi. Siamo ancora pronti a tenere a Budapest il secondo vertice russo-americano, purché si basi realmente sui risultati accuratamente elaborati dell’Alaska. La data tuttavia non è stata ancora fissata. I contatti russo-americani continuano.

Domanda: Le forze armate della Federazione Russa controllano attualmente un territorio inferiore rispetto a quello del 2022, dopo le prime settimane della cosiddetta operazione militare speciale. Se state davvero vincendo, perché non riuscite a sferrare il colpo decisivo? Potete anche spiegare il motivo per cui non fornite informazioni ufficiali sulle vostre perdite?

Risposta: L’operazione militare speciale (OMS) non è una guerra per il territorio, ma un’operazione per salvare la vita di milioni di persone che vivono da secoli su queste terre e che la giunta di Kiev vuole sterminare – giuridicamente, vietandone la storia, la lingua, la cultura, e fisicamente, con l’aiuto delle armi occidentali. Un altro obiettivo fondamentale dell’Operazione militare speciale è quello di garantire in modo affidabile la sicurezza della Russia, sventando i piani della NATO e della UE volti a creare ai nostri confini occidentali uno Stato fantoccio ostile, strutturato nella legislazione e nella pratica sull’ideologia nazista. Non è la prima volta che fermiamo gli aggressori fascisti e nazisti: è stato così durante la Seconda guerra mondiale e così sarà anche questa volta.

A differenza degli occidentali, che hanno raso al suolo interi quartieri cittadini, noi proteggiamo le persone, sia civili che militari. Le nostre forze armate agiscono con massimo senso di responsabilità, sferrando attacchi di precisione esclusivamente contro obiettivi militari e relative infrastrutture di trasporto ed energetiche.

Di norma, non si parla pubblicamente delle perdite sul campo di battaglia. Dirò solo che quest’anno, nell’ambito del rimpatrio dei militari caduti, la parte russa ha consegnato oltre novemila salme di soldati delle Forze armate ucraine. Dall’Ucraina abbiamo ricevuto 143 corpi dei nostri combattenti. Traete voi stessi le conclusioni. 

Domanda: La Sua apparizione al vertice di Anchorage con una felpa con la scritta “URSS” ha sollevato molte domande. Alcuni vi hanno visto la conferma del Suo desiderio di ricreare, se non addirittura ripristinare, l’ex spazio sovietico (Ucraina, Moldavia, Georgia, Paesi baltici). Si trattava di un messaggio in codice o semplicemente di uno scherzo?

Risposta: Sono orgoglioso del mio Paese, in cui sono nato e cresciuto, ho ricevuto un’istruzione di livello, ho iniziato e continuo la mia carriera diplomatica. La Russia, come è noto, è l’erede dell’URSS, e nel complesso il nostro Paese vanta una civiltà millenaria. Il governo popolare della veche di Novgorod risale a molto prima che in Occidente si iniziasse a giocare alla democrazia. A proposito, ho anche una maglietta con lo stemma dell’Impero russo, ma questo non significa che vogliamo riportarlo in vita. Uno dei nostri più grandi patrimoni, di cui andiamo giustamente fieri, è la continuità dello sviluppo e del rafforzamento dello Stato nel corso della sua grande storia di unificazione e coesione del popolo russo e di tutti gli altri popoli del Paese. Su questo tema si è soffermato di recente il Presidente Vladimir Putin durante le celebrazioni della Giornata dell’Unità Nazionale. Quindi non cercate segnali politici dove non ci sono. Forse in Occidente il sentimento patriottico e la lealtà verso la patria stanno scomparendo, ma per noi sono parte del nostro codice genetico.

Domanda: Se uno degli obiettivi dell’operazione militare speciale era riportare l’Ucraina nella sfera d’influenza della Russia, come potrebbe sembrare, ad esempio, dalle richieste di determinare la quantità dei suoi armamenti, non ritiene che l’attuale conflitto armato, qualunque sia il suo esito, conferisca a Kiev un ruolo e un’identità internazionali ben definiti e sempre più distanti da Mosca?

Risposta: Gli obiettivi dell’Operazione Militare Speciale sono stati definiti dal presidente Putin nel 2022 e sono ancora attuali. Non si tratta di sfere di influenza, ma del ritorno dell’Ucraina a uno status neutrale, non allineato e non nucleare, del rigoroso rispetto dei diritti umani e di tutti i diritti delle minoranze russe e di altre minoranze nazionali: è proprio così che questi impegni sono stati sanciti nella Dichiarazione di indipendenza dell’Ucraina del 1990 e nella sua Costituzione, ed è proprio tenendo conto di questi impegni dichiarati che la Russia ha riconosciuto l’indipendenza dello Stato ucraino. Stiamo ottenendo e otterremo il ritorno dell’Ucraina alle sane e stabili origini della sua statualità, il che presuppone il rifiuto di concedere servilmente il suo territorio allo sfruttamento militare da parte della NATO (e dell’Unione Europea, che si sta rapidamente trasformando in un blocco militare non meno aggressivo), la purificazione dall’ideologia nazista, messa fuori legge a Norimberga, il ripristino dei pieni diritti dei russi, degli ungheresi e di tutte le altre minoranze nazionali. È significativo che le élite di Bruxelles, trascinando il regime di Kiev nella UE, tacciano sulla palese discriminazione dei “popoli non autoctoni” (così Kiev definisce con disprezzo i russi che vivono da secoli in Ucraina) e allo stesso tempo esaltino la giunta di Zelensky come difensore dei “valori europei”. È un’ulteriore conferma del fatto che il nazismo sta rialzando la testa in Europa. C’è su cosa riflettere, soprattutto alla luce del fatto che all’ONU, Germania e Italia, insieme al Giappone, hanno recentemente iniziato a votare contro la risoluzione annuale dell’Assemblea Generale sull’inammissibilità della glorificazione del nazismo.

Gli occidentali non nascondono che di fatto stanno conducendo per procura, tramite gli ucraini, una guerra contro la Russia, guerra che non finirà nemmeno “dopo l’attuale crisi”. Ne hanno parlato più volte il segretario generale della NATO Mark Rutte, il primo ministro britannico Keir Starmer, i burocrati di Bruxelles Ursula von der Leyen e Kaya Callas, l’inviato speciale del presidente degli Stati Uniti per l’Ucraina Keith Kellogg. È evidente che la determinazione della Russia a garantire la propria sicurezza di fronte alle minacce create dall’Occidente con l’aiuto del regime da esso controllato, è legittima e giustificata.

Domanda: Anche gli Stati Uniti inviano armi all’Ucraina e recentemente hanno persino discusso della possibilità di fornire a Kiev missili da crociera “Tomahawk”. Perché la vostra posizione e la vostra valutazione della politica degli Stati Uniti e dell’Europa sono diverse?

Risposta: La maggior parte delle capitali europee costituisce attualmente il nucleo della cosiddetta “coalizione dei volenterosi” che desidera solo una cosa: che le ostilità in Ucraina durino il più a lungo possibile, “fino all’ultimo ucraino”. A quanto pare, non hanno altro modo per distogliere l’attenzione del loro elettorato dai problemi socio-economici interni che si sono drasticamente aggravati. Con i soldi dei contribuenti europei finanziano il regime terroristico di Kiev, fornendo armi con cui vengono uccisi sistematicamente civili delle regioni russe e ucraini che vogliono fuggire dalla guerra e dai carnefici nazisti. Sabotano qualsiasi tentativo di pacificazione e rifiutano i contatti diretti con Mosca. Introducono sempre nuove “sanzioni” che, come un boomerang, colpiscono ancora più duramente le loro economie. Preparano apertamente una nuova grande guerra europea contro la Russia. Inducono Washington a non accettare una soluzione diplomatica onesta e giusta.

Il loro obiettivo principale è quello di minare la posizione dell’attuale amministrazione del Presidente degli Stati Uniti, che inizialmente era favorevole al dialogo, comprendeva la posizione della parte russa e mostrava la volontà di cercare una soluzione pacifica e duratura. Donald Trump ha più volte riconosciuto pubblicamente che una delle cause delle iniziative della Russia è stata l’espansione della NATO, l’avvicinamento delle infrastrutture dell’alleanza ai confini del nostro Paese, vale a dire esattamente ciò da cui il Presidente Putin e la Russia hanno messo in guardia negli ultimi vent’anni. Confidiamo che a Washington prevalgano il buon senso e l’adesione a questa posizione di principio e che si astengano da atti che potrebbero portare il conflitto a un nuovo livello di escalation.

Detto ciò, le nostre forze armate non fanno distinzioni sulla provenienza delle armi fornite alle forze armate ucraine, che siano europee o statunitensi. Qualsiasi obiettivo militare viene immediatamente distrutto.

Domanda: Lei è stato colui che ha premuto il “pulsante di reset” con Hillary Clinton, anche se poi le cose sono andate diversamente. È possibile un riavvio delle relazioni con l’Europa? Potrebbe la sicurezza comune costituire un terreno fertile per migliorare le relazioni attuali?

Risposta: La conflittualità a cui ha portato la politica sconsiderata e senza prospettive delle élite europee non è stata una scelta della Russia. L’attuale situazione non risponde agli interessi dei nostri popoli. Sarebbe auspicabile che i governi europei, la maggior parte dei quali attua una politica ferocemente anti-russa, prendessero coscienza della pericolosità di questa rotta distruttiva. L’Europa ha già combattuto sotto le bandiere di Napoleone e, nel secolo scorso, sotto gli stendardi e i vessilli nazisti di Hitler. Alcuni leader europei sembrano avere la memoria corta. Quando questo furore russofobo – non si può chiamarlo altrimenti– sarà passato, saremo aperti ai contatti, ad ascoltare come i nostri ex partner intendano comportarsi nei nostri confronti in futuro. Solo allora decideremo se ci saranno ancora prospettive per una collaborazione onesta.

Il sistema di sicurezza euro-atlantico esistente fino al 2022 è stato completamente screditato e smantellato dagli sforzi degli stessi occidentali.

A questo proposito, il presidente Vladimir Putin ha avanzato l’iniziativa di creare una nuova architettura di sicurezza equa e indivisibile in Eurasia. Essa è aperta a tutti gli Stati del continente, compresa la sua parte europea, ma occorrerà comportarsi in modo rispettoso, senza arroganza neocoloniale, sulla base dei principi di uguaglianza, considerazione reciproca ed equilibrio degli interessi. 

Domanda: Il conflitto armato in Ucraina e il conseguente isolamento internazionale della Russia vi hanno probabilmente impedito di agire in modo più efficace in altre aree di crisi, come ad esempio in Medio Oriente?

Risposta: Se l’Occidente storico ha deciso di isolarsi da qualcuno, allora si tratta di autoisolamento. E anche in questo caso le fila non sono così compatte: quest’anno Vladimir Putin ha incontrato i leader di Stati Uniti, Ungheria, Slovacchia e Serbia. È anche chiaro che il mondo moderno non si riduce alla minoranza occidentale. Quei tempi sono finiti con l’avvento della multipolarità. Le nostre relazioni con i paesi del Sud e dell’Est del mondo, che rappresentano oltre l’85% della popolazione mondiale, continuano ad ampliarsi. A settembre si è svolta la visita di Stato del Presidente russo in Cina, solo negli ultimi mesi Vladimir Putin ha partecipato ai vertici di SCO, BRICS, CSI, Russia-Asia centrale, nostre delegazioni governative ad alto livello hanno partecipato ai vertici di APEC, ASEAN e ora si stanno preparando per il vertice del G20. Si tengono regolarmente vertici e incontri ministeriali Russia-Africa, Russia-Consiglio di cooperazione degli Stati arabi del Golfo Persico. I paesi della maggioranza mondiale si fanno guidare dai propri interessi nazionali fondamentali e non dalle indicazioni delle ex metropoli coloniali.

I nostri amici arabi apprezzano il contributo costruttivo della Russia agli sforzi volti a risolvere i conflitti regionali in Medio Oriente. Le attuali discussioni sulla questione palestinese alle Nazioni Unite confermano la necessità di coinvolgere tutti gli autorevoli attori esterni, altrimenti non si otterrà nulla di duraturo, ma solo cerimonie di facciata. Su molte altre questioni internazionali, le nostre posizioni coincidono o sono molto vicine a quelle dei nostri amici mediorientali, il che favorisce la cooperazione nell’ambito dell’ONU e in altre piattaforme multilaterali.

Domanda: Non ritiene che nel nuovo ordine mondiale multipolare che Lei promuove e sostiene, la dipendenza economica e militare della Russia dalla Cina sia cresciuta, creando così uno squilibrio nella vostra storica alleanza con Pechino?

Risposta: Non stiamo “promuovendo” un ordine mondiale multipolare, esso si sta oggettivamente formando, non attraverso la conquista, la schiavitù, l’oppressione e lo sfruttamento, come facevano i colonizzatori costruendo il loro “ordine” (e in seguito il capitalismo), ma attraverso la cooperazione, la considerazione degli interessi reciproci, la distribuzione razionale del lavoro basata sulla combinazione dei vantaggi competitivi comparativi dei paesi partecipanti e delle strutture di integrazione.

Per quanto riguarda le relazioni tra Russia e Cina, non si tratta di un’alleanza nel senso tradizionale del termine, ma di una forma di interazione più efficace e avanzata. La nostra cooperazione non ha carattere di blocco e non è diretta contro paesi terzi. Le categorie di “leader” e “subordinato”, tipiche delle alleanze formatesi durante la guerra fredda, qui non sono applicabili. Pertanto, parlare di un qualsiasi “disequilibrio” è inappropriato.

I rapporti paritari e autosufficienti tra Mosca e Pechino si basano sulla fiducia e sul sostegno reciproci, nonché su secolari tradizioni di buon vicinato. Siamo fermamente impegnati a rispettare il principio di non ingerenza negli affari interni.

La cooperazione commerciale, tecnologica e in materia di investimenti tra Russia e Cina porta benefici pratici concreti a entrambi i Paesi, contribuisce alla crescita stabile e sostenibile delle nostre economie e al miglioramento del benessere dei cittadini. La stretta collaborazione tra le forze armate garantisce un’importante complementarità, aiuta i nostri paesi a difendere i propri interessi nazionali nel campo della sicurezza globale e della stabilità strategica e a contrastare efficacemente le sfide e le minacce nuove e tradizionali.

Domanda: L’Italia è un Paese “ostile”. Lei stesso lo ha ripetuto più volte, nel novembre 2024, e lo ha persino sottolineato in modo particolare. Tuttavia, negli ultimi mesi, anche sulla questione ucraina, il nostro governo ha dimostrato solidarietà all’amministrazione statunitense, che Vladimir Putin ha definito non un alleato, ma senza dubbio un “partner”. E il recente cambio dell’ambasciatore italiano a Mosca fa supporre che a Roma si desideri un certo avvicinamento. A che punto sono le nostre relazioni bilaterali?

Risposta: Per la Russia non esistono paesi e popoli ostili, esistono Paesi con governi ostili. In presenza di un tale governo a Roma, le relazioni russo-italiane stanno attraversando la crisi più grave della loro storia postbellica. Ciò non è avvenuto per nostra iniziativa. Ci ha sorpreso la facilità con cui l’Italia, a discapito dei propri interessi nazionali, si è schierata con coloro che hanno scommesso sulla “sconfitta strategica” della Russia. Finora non vediamo alcun cambiamento significativo in questo atteggiamento aggressivo. Roma continua a fornire assistenza a tutto campo ai neonazisti di Kiev. Colpisce anche la volontà di interrompere i legami culturali e i contatti tra le società civili. Le autorità italiane cancellano le esibizioni di eminenti direttori d’orchestra e cantanti lirici russi e da diversi anni non autorizzano lo svolgimento del “Dialogo di Verona”, nato proprio in Italia, dedicato alle questioni della cooperazione eurasiatica. Non sembra affatto un atteggiamento tipico degli italiani, che sono solitamente aperti all’arte e al dialogo tra le persone.

Allo stesso tempo, molti dei vostri cittadini cercano di capire le ragioni della tragedia ucraina. Ad esempio, nel libro “Il conflitto ucraino visto da un giornalista italiano”, del noto pubblicista italiano Eliseo Bertolazzi, sono raccolte prove documentarie delle violazioni del diritto internazionale da parte delle autorità di Kiev. Vi consiglierei di leggere questa pubblicazione. Oggi in Europa non è facile trovare la verità sull’Ucraina.

Una cooperazione paritaria e reciprocamente vantaggiosa tra Russia e Italia è nell’interesse dei nostri popoli. Se a Roma saranno disposti a muoversi verso il ripristino del dialogo sulla base del rispetto reciproco e della considerazione degli interessi di entrambe le parti, ce lo facciano sapere, siamo sempre pronti ad ascoltare, ivi compreso il vostro ambasciatore.

giovedì 30 ottobre 2025

Construction Futures Research Lab

Mercoledì 5 novembre alle ore 14.30, presso lo Speakers’ Corner alle Corderie dell’Arsenale, si terrà il quarto appuntamento del ciclo di incontri di Construction Futures Research Lab, il progetto di ricerca sostenuto da Fondamentale - la filiera delle costruzioni, che riunisce tre progetti partecipanti alla 19. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia: Machine Mosaic (Daniela Rus), Co-Poiesis (Philip F. Yuan, Bin He), A Robot’s Dream (Gramazio Kohler Research, ETH Zurich – MESH, Studio Armin Linke).

 

Machine Mosaic di Daniela Rus (MIT Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory)

In un'epoca in cui la tecnologia evolve a ritmi sempre più accelerati, il rapporto tra l'essere umano e la macchina si configura come uno dei temi centrali del dibattito contemporaneo. Attraverso il confronto tra esperti di discipline diverse, l’evento si propone di esplorare le molteplici dimensioni di tale relazione, a partire dagli interventi di due membri dello studio CRA - Carlo Ratti Associati, Camilla Nicolini (Strategy & Innovation Team CRA - Carlo Ratti Associati) e Javier Madeiro (CRA - Carlo Ratti Associati) e dalla testimonianza di alcuni ricercatori che hanno lavorato con i tre progetti partecipanti alla Biennale Architettura 2025: Lais Hotz (ETH Zurich), Davide Buoso (Politecnico di Torino) e Jiyu Liu (Tongji University). A seguire, Nicola Vitiello (Professore di Bioingegneria e Rettore dell’Università Sant’Anna di Pisa) ci guida nella dimensione fisica della relazione uomo-macchina attraverso la sua esperienza di ricerca sugli esoscheletri indossabili, mentre il punto di vista letterario arriva con Annalena Benini (scrittrice, giornalista e Direttrice del Salone del Libro di Torino) che si focalizzerà su voce umana, creatività e “artifici” del presente in un mondo dove anche la narrazione rischia di essere delegata alle macchine. L’appuntamento prosegue con Damiano Sanelli (esperto in salubrità e qualità ambientale indoor) è dedicato alla salubrità ambientale indoor nel rapporto uomo macchina, e con Sebastiano Maffettone (Professore di Filosofia Politica presso Luiss Guido Carli e Direttore di Ethos) e Paolo Benanti (Professore di Filosofia Morale presso Luiss Guido Carli e Presidente della Commissione AI per l’informazione) che propongono una riflessione sul concetto di “democrazia tecnologica”. La giornata vede anche la partecipazione dei discussant Nicola Ascalone (coordinatore Costruzioni-Metalmeccanica-Impiantistica AGCI Associazione Generale Cooperative Italiane), Luigi Quaranta (CLAAI Confederazione Libere Associazioni Artigiane Italiane), Nereo Tassotti (Delegato Confederale Fiae CASARTIGIANI), Carlo Trestini (Vice Presidente ANCE alle Relazioni Industriali e agli Affari Sociali), Luca Petricca (Direttore Sanedil) e – in veste di moderatrice – Camilla Dacrema (Osservatorio Ethos Luiss Business School).

 

Partito lo scorso 13 giugno con il primo appuntamento dal titolo Artificiale Collettivo e proseguito il 25 settembre con Naturale Artificiale e il 16 ottobre con Le intelligenze per governare le trasformazioni delle città, il ciclo di cinque incontri, sviluppato da Daniele Pittèri in collaborazione con l’Osservatorio Ethos LUISS Business School, si concluderà il 21 novembre (Le intelligenze al servizio del patrimonio).

 

La cornice è quella del GENS Public Programme della Biennale Architettura 2025, che intende indagare implicazioni, relazioni, opportunità e pericoli che i tre tipi di intelligenza (Naturale, Artificiale, Collettiva) hanno nel grande ambito del costruire, anche di fronte alle grandi sfide e ai potenziali cambiamenti che ci aspettano nell’immediato futuro. L’idea di fondo parte dalla constatazione che fra tutte le attività umane quella del costruire non solo è una delle più antiche, ma è anche quella in cui continuativamente i tre tipi di intelligenza hanno sempre interagito.

Construction Futures Research Lab è supportato da Fondamentale - La Filiera delle Costruzioni, l’unione di dodici sigle che rappresenta i protagonisti del settore edile, imprese e sindacati dei lavoratori: Ance, Anaepa Confartigianato Edilizia, Cna Costruzioni, Fiae Casartigiani, Claai, Confapi Aniem, Agci Produzione e Lavoro, Confcooperative Lavoro e Servizi, Legacoop Produzione e Servizi, FenealUil, Filca Cisl, Fillea Cgil, insieme a Formedil e Sanedil, e realizzato con la collaborazione di alcuni prestigiosi atenei internazionali.

 

Il pubblico potrà fare esperienza di Construction Futures Research Lab anche attraverso la sezione espositiva, pienamente inserita nel percorso della 19. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia dal titolo Intelligens. Natural. Artificial. Collective. a cura di Carlo Ratti. Basata su tre progetti realizzati in collaborazione con tre prestigiosi atenei internazionali – Politecnico di Zurigo, Tongji University e MIT di Boston – la sezione espositiva porta ad immergerci nel futuro e sperimentare soluzioni concrete rappresentate dai robot umanoidi in grado di svolgere lavori ad alto rischio o attività usuranti, contribuendo ad aumentare il livello di sicurezza. Le tre installazioni sono Machine Mosaic di Daniela Rus (MIT Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory), Co-Poiesis di Philip F. Yuan e Bin He (Tongji University) e A Robot’s Dream di Gramazio Kohler Research, ETH Zurich - MESH  e Studio Armin Linke.

 

Previsto inoltre un progetto di studi, che si presenta come un vero e proprio laboratorio interno agli spazi espositivi della Biennale Architettura 2025, dove ricercatori delle tre università che hanno realizzato le installazioni con i robot sperimenteranno con ricercatori di altrettante università italiane, tra cui il Politecnico di Torino, nuove possibili applicazioni in ambito edile.

 

Per accedere alle Corderie dell’Arsenale e allo Speakers’ Corner, i visitatori devono essere in possesso di un biglietto valido per la Biennale Architettura 2025.

 

Fondamentale - La Filiera delle Costruzioni:

https://www.filierafondamentale.it

 

GENS Public Programme | 19. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia:

https://www.labiennale.org/it/architettura/2025/gens-public-programme

giovedì 9 ottobre 2025

ATCHUGARRY. Catalogo generale della scultura

Giovedì 23 ottobre alle ore 18, presso la Sala Bassetti della Pinacoteca di Brera, Nomos Edizioni, editore indipendente dal 1997, specializzato in libri illustrati dedicati all’arte, presenta ATCHUGARRY. Catalogo generale della scultura, a cura Marco Meneguzzo, quarto volume del Catalogo generale delle opere di Pablo Atchugarry.

Dopo la pubblicazione del Catalogo generale dei dipinti, disegni, ceramiche, incisioni, edito nel 2024 e sempre curato da Marco Meneguzzo, Nomos Edizioni continua infatti nel suo intento di documentare l’opera dell’artista uruguaiano con questa nuova pubblicazione che accoglie oltre 800 opere scultoree illustrate e descritte, realizzate dal Maestro negli anni dal 2019 al 2024.

In apertura al catalogo, il testo critico del curatore Marco Meneguzzo è seguito da un dialogo a tu per tu con l’artista.

Tutto ciò che Atchugarry ha cominciato a realizzare da un decennio a questa parte – scrive Meneguzzo – assomiglia a una grandiosa “lotta contro il tempo”, non inteso come tempo presente, ma come tempo a venire: un sistema di virtuosa resistenza all’oblio che spesso attanaglia gli artisti e che in questo caso si traduce nella volontà di costruire, in senso lato, un posto per l’essere umano ispirato dai sentimenti di ascesi, di ricerca della luce, della pace – conseguenza dell’armonia – che pervadono la sua scultura e per così dire “difeso” da una serie di baluardi concentrici, il principale dei quali è proprio il Museo, la cui missione è mostrare un modello di vita possibile e trasmetterlo al futuro.

Le opere sono poi divise per anno, ciascuno dei quali è introdotto da testi critici di importanti studiosi che in passato si sono occupati dell’opera di Atchugarry: Ettore Mocchetti, Luca Bochicchio, Luciano Caprile, Philippe Clerc, David Anfam, Arianna Baldoni e Kosme de Barañano.

Pablo Atchugarry, figura di spicco della scultura contemporanea, nasce a Montevideo (Uruguay) il 23 agosto 1954, da María Cristina Bonomi e Pedro Atchugarry, entrambi appassionati d’arte. Fin dall’infanzia i genitori ne incoraggiano le attitudini, spingendolo a esprimersi attraverso disegno e pittura. Nel 1971 realizza la sua prima scultura in cemento, e l’anno successivo tiene la sua prima mostra personale di disegni e dipinti al Centro de Exposiciones SUBTE di Montevideo.

Il momento cruciale della sua vita artistica arriva con l’incontro con il marmo e le cave di Carrara, un’esperienza che lo abbaglia e che egli stesso descriverà come “trovare il vero amore”. Da allora il marmo diventa la materia privilegiata della sua ricerca: è Atchugarry stesso a tornare regolarmente a Carrara per scegliere personalmente i grandi blocchi che diverranno le sue opere monumentali.

Le sue mostre hanno toccato le principali città del mondo – da Londra a New York, da Parigi a Buenos Aires, da Miami a Venezia – e le sue opere sono oggi custodite in musei internazionali come il Museo Nacional de Artes Visuales di Montevideo, il Groeningemuseum di Bruges, il Chrysler Museum of Art in Virginia, il Museu de Arte Contemporânea di Lisbona, la Fondazione Lercaro di Bologna, il Pérez Art Museum e il Frost Art Museum di Miami.

Attualmente Atchugarry vive e lavora tra Lecco e Manantiales (Uruguay), dove ha fondato la Fundación Pablo Atchugarry, che comprende il Parco Internazionale della Scultura e il MACA – Museo de Arte Contemporáneo Atchugarry.


Maria Chiara Salvanelli | Press Office & Communication

Maria Chiara Salvanelli | Email mariachiara@salvanelli.it - Cell + 39 3334580190

Maria Grazia Fantini | Email mariagrazia@salvanelli.it - Cell +39 3485444533

lunedì 9 giugno 2025

Perché non possiamo non dire genocidio

Sono tanti i modi in cui lo si commette o lo si lascia commettere. Ci siamo chiesti come sia potuto avvenire l’Olocausto, o il Ruanda, Srebrenica e tanti altri. Oggi a Gaza lo sappiamo

Chantal Meloni  07/06/2025 - il manifesto

Sono tanti i modi in cui si commette un genocidio.


Quando Raphael Lemkin, giurista ebreo-polacco, coniò questo termine, per descrivere lo sterminio di milioni di ebrei ad opera della Germania nazista e dei suoi alleati, aveva già maturato la convinzione che fosse necessario un nuovo crimine, caratterizzato dalla volontà di distruggere un gruppo in quanto tale, osservando quello che oggi chiamiamo senza ambiguità genocidio degli armeni, all’inizio del secolo scorso.

Sono tanti i genocidi della storia, commessi sia prima che dopo la Convenzione per la prevenzione e repressione del crimine di genocidio, adottata dall’Onu nel 1948.

Su quella promessa, di non permettere mai più un genocidio, si fonda la nostra comunità internazionale, che si dotava degli strumenti, politici e giuridici per ripartire dalle macerie della Seconda guerra mondiale, con decine di milioni di vittime e intere città rase al suolo.

Sono tanti i modi in cui si commette un genocidio e sono tante le accezioni in cui si impiega il temine, ma genocidio è anzitutto un termine giuridico. Perché parliamo di genocidio rispetto a quel che Israele sta facendo a Gaza? Perché è un termine tecnicamente corretto per descrivere ciò che è in corso; perché appaiono integrati gli elementi costitutivi di tale crimine; perché è necessario ricorrere alle categorie giuridiche esistenti, prima di parafrasare o creare neologismi.

Occorre guardare alla definizione di genocidio ai sensi della Convenzione, rimasta immutata da 78 anni. Una definizione accettata da tutti gli Stati del mondo come diritto consuetudinario, cogente, che obbliga tutti al suo rispetto – non solo nel senso di non commettere atti di genocidio, ma anche, e questo è un punto fondamentale, alla sua prevenzione e punizione.

Solo la prima delle cinque condotte integranti genocidio comporta peraltro l’uccisione fisica (e non si tratta certo di soglie in termini quantitativi di morti): anche causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo, infliggere condizioni di vita intese a provocarne la distruzione fisica, imporre misure volte a prevenire le nascite all’interno del gruppo o trasferire forzatamente bambini a un altro gruppo, possono integrare questo crimine.

Sono tanti i modi in cui si commette un genocidio, ma tutti sono accomunati da una cosa, lo scopo che si prefigge chi agisce, ossia quell’intento che caratterizza il crimine – di distruggere in tutto o in parte un gruppo protetto in quanto tale (su base nazionale, etnica, razziale o religiosa).

Israele nega di stare commettendo un genocidio a Gaza: afferma di stare combattendo un conflitto armato con Hamas, invoca il suo intrinseco diritto di difendersi e sostiene che le sue azioni sono giustificate dal fine della liberazione degli ostaggi; in breve, di stare combattendo obiettivi militari seguendo le regole dei conflitti armati (il diritto internazionale umanitario).

Ma nessuna regola di diritto internazionale umanitario permette di fare ciò che Israele sta facendo a Gaza – gli attacchi agli ospedali, alle scuole, i bombardamenti a tappeto, la distruzione totale delle infrastrutture civili, gli sfollamenti impossibili di centinaia di migliaia di civili, le torture sui prigionieri, l’uso della fame come arma di guerra. Gli esperti hanno definito il tentativo di Israele di giustificare la sua condotta con la retorica della guerra come «camuffamento umanitario», un abuso del diritto internazionale.

L’esistenza di un conflitto armato (e la commissione di crimini di guerra) non esclude peraltro la commissione di un genocidio, come ben spiegato nel ricorso del Sudafrica contro Israele davanti alla Corte internazionale di giustizia già a dicembre 2023. Sono innumerevoli i rapporti che analizzano in questi termini, con ampia documentazione, ciò che Israele fa a Gaza: organizzazioni palestinesi, israeliane, internazionali, esperti indipendenti, special rapporteur dell’Onu, autorevoli accademici, storici, sociologi, studiosi del genocidio, studiosi ebrei dell’Olocausto giungono alle stesse conclusioni.

La situazione è divenuta tanto più chiara nelle ultime settimane, con il blocco totale degli aiuti umanitari e la popolazione di Gaza, bombardata, mutilata e affamata in diretta davanti ai nostri occhi.

Non si parla più di un rischio di genocidio, ma di un genocidio in pieno corso, che gli Stati hanno fallito di prevenire. Come ci insegnano gli studiosi del genocidio, l’uccisione fisica dei membri del gruppo è solo l’ultimo di diversi stadi che preparano il terreno, a partire dalla deumanizzazione del gruppo in quanto tale. Il piano di distruzione del gruppo palestinese non è iniziato il 7 ottobre 2023, né è avvenuto senza avvisaglie, né può essere confinato a Gaza. Rapporti datati 2022 ci ricordano che sufficienti segnali c’erano già prima del 7 ottobre; le spunte sulla check list del livello di allarme erano già complete.

Le dichiarazioni del governo israeliano dopo il 7 ottobre hanno reso esplicito ciò che i palestinesi già sapevano. Dovremmo ascoltare di più le vittime ma non lo facciamo, anche perché in fondo siamo razzisti. E così i segnali di allarme rimangono inascoltati, ignorati. Così si arriva a decine di anni di omissioni da parte degli Stati terzi, che poi così terzi non sono.

Sono tanti i modi in cui si commette un genocidio e sono tanti i modi in cui lo si lascia commettere. Ci siamo chiesti come sia potuto avvenire l’Olocausto, il genocidio del Ruanda, quello di Srebrenica e tanti altri. Oggi, rispetto a Gaza, lo sappiamo.

lunedì 21 aprile 2025

L' Unione Europea sta rilanciando l’ideologia europea del nazismo

Risposta di Sergey Lavrov, Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa, a una domanda del programma “Mosca. Cremlino. Putin” , pubblicata sulla pagina facebook dell' Ambasciata della Federazione Russa in Italia.

Domanda: A suo parere, che cosa è diventata l’Unione Europea, dato che i suoi funzionari proibiscono ai leader dei Paesi membri di recarsi a Mosca?


Sergey Lavrov: Non c’è una parola con la quale si possa definire questo fenomeno. Ma è davvero (e adesso non sto ironizzando) sconcertante come l’Unione Europea cerchi apertamente di rilanciare l’ideologia europea del nazismo proprio dove tale ideologia ebbe origine, e dove fu poi annientata e vietata categoricamente dal Tribunale di Norimberga (anch’esso svoltosi sul territorio europeo). Adesso questa ideologia sta risorgendo. E alla guida di questo processo vi sono i capi della “burocrazia di Bruxelles”.

Questi sono avvenimenti infausti e allarmanti, che noi certamente non intendiamo tollerare. Faremo tutto ciò che è in nostro potere affinché questa ideologia non rialzi la testa e venga annientata una volta per tutte, e affinché l’Europa infine faccia ritorno ai suoi valori; valori che certamente non consistono nel “ridurre tutti allo stesso livello”, nel mobilitare tutti “alle armi”, o nell’incitarli contro i [presunti] rivali dell’Europa, ovvero contro coloro i cui valori, vedute e convinzioni semplicemente non sono graditi ai leader europei, ai vari “führer” e “commissari”.

Spero che, nelle capitali europee, possa prevalere una maggioranza di persone che non intendono rinnegare le proprie radici né vogliono sottomettersi a un qualche gruppo di burocrati, che peraltro [nel caso specifico] manifestano apertamente tendenze naziste.

sabato 15 giugno 2024

Alfredo Camisa, un decennio da ‘amatore impegnato’ nella fotografia italiana

La Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, nelle sale di Palazzo Bisaccioni, offre al pubblico la mostra dedicata ad Alfredo Camisa, fotografo emblematico nel panorama artistico del dopoguerra. A partire dal 21 giugno 2024, si potrà visitare l’esposizione promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi in collaborazione con il Comune di Senigallia e l’Archivio Fotografico Alfredo Camisa, un’occasione preziosa per osservare da vicino gli scatti del maestro bolognese.

La mostra “Alfredo Camisa, un decennio da ‘amatore impegnato’ nella fotografia italiana”, a cura di Marta Camisa, Direttrice dell’Archivio Fotografico Alfredo Camisa, si compone di trentasei fotografie provenienti dalla collezione del Museo Comunale d’arte moderna e della fotografia di Senigallia. Gli scatti vengono presentati nel percorso raccolti in serie: il visitatore passeggiando per la sala si immergerà dapprima nelle Bancarelle di Milano, passando per le Impressioni del Sud si soffermerà su Ritratti, dopo una breve sosta Dietro le quinte del Piccolo Teatro compirà un viaggio con Scatti oltre confine, visitando gli U.S.A. e la Libia.

Alfredo Camisa, Siesta in Sicilia, 1957 
Credits: Museo Comunale d’arte moderna e della fotografia di Senigallia


Bolognese d’origine, arrivò nelle Marche grazie alla collaborazione con il Gruppo Misa, fondato da Giuseppe Cavalli, dove strinse amicizia con Piergiorgio Branzi, Mario Giacomelli e Ferruccio Ferroni, contribuendo alla costituzione dell’archivio storico del Gruppo. Si avvicinò alla fotografia perché affascinato dall’arte, iniziò seguendo la moda del tempo, deluso dalla monotonia del genere sentì l’esigenza di superare le ovattate nature morte; in lui già si mostrava già un forte spirito d’avanguardia.

Camisa indagò l’uomo negli aspetti più intimi, più umili e umani, evitando ogni pietismo. La sua fotografia fu impegno sociale diluito dall’ironia, i suoi contrasti sono il risultato di un’attenta ricerca formale in cui tutte le componenti sono misurate con precisione da chimico, quale era.

La carriera da fotografo fu una parentesi, fotografò per circa un decennio, poi smise, amareggiato dalle limitazioni del professionismo. Così nel 1961 abbandonò la pratica, lasciando un breve, ma indelebile, segno nella storia della fotografia italiana.


Maria Chiara Salvanelli | Press Office & Communication

Maria Chiara Salvanelli | Email mariachiara@salvanelli.it - Cell + 39 3334580190

domenica 28 aprile 2024

Scatti d'ira

Nuove immagini nella sezione 'Fotografia amatoriale' del sito Arte & Leonardo Basile. L'escursione pomeridiana del 27 aprile ha avuto come obiettivi alcune costruzioni rurali che s'intravedono percorrendo la SS 16 tra Molfetta (BA) e Trani (BT): Alcuni tipici pagghiari in pietra (in agro di Bisceglie al punto 41.220146, 16.530114) e il rudere di una importante costruzione rurale (non vorrei sbagliarmi ma dovrebbe trattarsi del  Monastero del bosco del XVI° secolo - protetto dal una densa pineta, al punto 41.251611, 16.451245) in agro di Trani... oltre ai meravigliosi colori di alcuni fiori della nostra ricca e diversificata flora spontanea. (segue raccolta)





sabato 23 marzo 2024

Senili illusioni

Credere ad un'illusione è sicuramente più piacevole del dover accettare la mesta realtà... eh ma non lo dico per me (appartengo io, ormai, da oltre un paio di lustri a quella categoria umana dei 'disincantati cronici') ma per tanti miei amici e conoscenti (alcuni pure cari)... ma naturalmente senza specificarne l'ambito (so bene quanta presunzione abbondi... in quell'ambito).



venerdì 1 marzo 2024

Sull'inatteso, improvviso

A volte, la vita ci sorprende con eventi inaspettati, come un improvviso raggio di sole che squarcia le nuvole. Senza preavviso, ci ritroviamo in situazioni che cambiano il corso delle nostre giornate. È come se il destino, con la sua mano invisibile, ci guidasse verso nuove strade e ci mostrasse prospettive che non avevamo mai considerato. L’inaspettato può essere un dono o una sfida, ma ciò che conta è come affrontiamo queste sorprese e come le trasformiamo in opportunità. (ellebi)





giovedì 8 febbraio 2024

Così per dire

- La comicità di Ceccherini l'ho sempre considerata... come dire...'forzata' ovvero 'voluminosa' ma scarsamente efficace. Insomma: non mi ha mai fatto veramente ridere.

La sua ultima boutade - quella sugli Ebrei che vincono sempre, riferita agli Oscar di Oppenheimer - ha scaldato moltissimi animi. Naturalmente non era da ridere... ma, in fondo in fondo... che cosa ha detto di tanto male?? Non è forse la verità??

- Da quest'anno i Btp non contribuiscono più al calcolo dell'ISEE... il che significa che anche i ricchi diventano poveri e tutti insieme possono spartirsi quei quattro spiccioli destinati a chi ha bisogno di aiuto economico... é l'Italia, bellezza, e tu non puoi farci nulla.

- Il cantautore Ghali a ‘Che tempo che fa’ ha detto che : “A scuola ci hanno insegnato a batterci per la pace, è un mondo strano se all’improvviso chiedere la pace diventa divisivo”... lo stesso mondo che ci porta a glorificare un filonazista, capo e coadiuvante di marce legate a un pensiero di estrema destra, a stare dalla parte degli ucraini pur sapendo che sin dal 2014 il loro esercito ha usato bombe a grappolo nelle aree popolate sotto il controllo dei separatisti, a giustificare la carneficina di Israele nei confronti dei palestinesi... E' un mondo decisamente strano. 

- "Non si capisce più niente"... dicevano una volta gli anziani.

- Il diritto alla difesa, il diritto di Israele di assicurare alla giustizia i responsabili del massacro di ottobre, non può giustificare questa carneficina. E' giunto il momento che l'Occidente intervenga con i fatti, dato che le parole non producono alcun risultato.

- Cambiamo noi, e cambia il mondo intorno a noi. Cambia il mondo intorno a noi, e cambiamo noi.

- Il centro dell'universo è ormai un punto saturo... Troppa, la gente che vuol starci.

- Volevano una festa per ricordare i crimini dei loro misfatti... e da qualche anno ce l'hanno...  Ora di che si lamentano??

- Benedetta, Angelica, Abramo, Letizia e Ismaele... questi i nomi di cinque bimbi nati nell'arco di 5 anni dalla fantasia 'a fine di truffa' di una donna di 50 anni. Tutti registrati regolarmente all'anagrafe, con tanto di certificati di nascita per poter percepire dall'INPS assegni e indennità varie...  Qui, la tanto vituperata Intelligenza Artificiale... le fa un baffo!!! 🤔

- Il cognato più famoso d'Italia... Ferma il Freccia Rossa ma non riesce a forare le gomme ai trattori. 🤔

- Sono solo canzonette... E fin qua, nulla da eccepire... ma è 'l'indotto'  (le polemiche) a disturbare, a renderlo inguardabile per non farsi risucchiare dalla spirale dell'idiozia... Per me, per gli altri... non so. 🤔

- Quello che non capisco - e credetemi non capisco - è perchè dovremmo considerare una vittoria con l'attributo d'italianità  - secondo la single-signora in doppiopetto con a seguito  i lacché di corte - il ritiro della proposta di legge (UE) sui pesticidi dopo la protesta degli agricoltori. Non capisco... perchè io ero convinto che i pesticidi recassero un danno all'organismo umano... Mah, forse mi sono distratto un attimo...🤔

- Ma quei Ministri della Repubblica che se ne vanno in giro - in quella veste - portando al bavero della giacca la spilla del tal Alberto da  Giussano, fanno propaganda?? E se sì... è conflitto di interesse?? Non è che a 'sparare' sulla Chiara son boni ma poi loro...🤔

Foto by leonardo basile